Storia di un libro sfuggito al rogo  

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Hugo Hamilton, Tra le pagine (Einaudi 2022)

Storia di un libro sfuggito al rogo  

Il 10 maggio 1933, in Germania, Hitler era diventato cancelliere da pochi mesi. Dopo l’incendio del Reichstag, gli arresti e le repressioni di massa, le prime leggi antiebraiche, venne organizzato, sotto la direzione del ministro della propaganda Joseph Goebbels, il rogo dei libri più tristemente famoso della storia. Nelle piazze di Berlino e di altre città tedesche (nella capitale tedesca una lastra di  vetro sul selciato lascia oggi intravedere degli scaffali vuoti, in memoria dell’evento) furono bruciate le opere degli intellettuali della Repubblica di Weimar, degli scrittori di origine ebraica, di giornalisti e scienziati.  “Erano i libri che i nazisti definivano ‘ non tedeschi’. E data l’indubbia egemonia della cultura tedesca in quegli anni, era la cultura europea tutta che bruciava in quei roghi. Un’Europa impotente a difendere le opere dei suoi scrittori dei suoi filosofi, dei suoi scienziati come poi sarebbe stata a lungo impotente a difendere i suoi cittadini” (Anna Foa, Avvenire, 9 agosto 2009).
Finirono in cenere i libri di Stefan Zweig, Bertolt Brecht, Thomas e Heinrich Mann, Sigmund Freud, Walter Benjamin, Erich Maria Remarque, Franz Werfel, Arthur Schnitzler, Robert Musil, Albert Einstein e di tanti altri. Gli autori dei libri andati al rogo furono perseguitati. Molti di loro riuscirono a fuggire all’estero, alcuni si suicidarono in Germania o durante l’esilio. 
Uno dei libri destinati ad essere bruciati si salvò passando dalla borsa di un professore universitario a quella di un suo allievo.  
Si trattava del romanzo La ribellione di Joseph Roth, scritto nel 1924 e pubblicato da una piccola casa editrice. Roth, proveniente da una famiglia di religione e cultura ebraica, era nato a Brody, nei pressi di Leopoli, nell’attuale Ucraina, appartenente alla Galizia orientale, una terra tormentata ai confini dell’Impero asburgico che era stata aggregata alla Repubblica federata sovietica (1939) e poi occupata nel 1941 dalla Germania nazista. L’autore viveva tra Berlino e Vienna quando Hitler aveva preso il potere. Lo stesso giorno del suo insediamento era scappato dalla Germania e si era rifugiato a Parigi.  Tra il 1938 e il 1939 avrebbe pubblicato La cripta dei cappuccini e La leggenda del santo bevitore
Ne La ribellione raccontò la sorte di un reduce mutilato della Grande Guerra abbandonato alla miseria e alla disperazione nonostante avesse combattuto con onore ricevendo anche una decorazione. Lo stesso Roth ebbe una vita tormentata durante l’esilio parigino. Le uniche consolazioni furono l’amicizia con Stefan Zweig e la scrittura, attraverso la quale esprimeva il senso di appartenenza a un mondo che lo aveva cacciato. Terminò i suoi giorni in un ospedale per indigenti a Parigi mentre sua moglie, che era finita in manicomio, fu eliminata nell’ambito di uno dei programmi di sterminio nazisti che avevano per obiettivo i malati mentali.   
Il libro di Hugo Hamilton, irlandese di madre tedesca,Tra le pagine (The pages, in originale), tradotto da Marco Rossari e pubblicato da Einaudi ad aprile di quest’anno, dà voce al romanzo di Joseph Roth, La ribellione, in senso letterale, facendogli raccontare in prima persona le sue vicissitudini. 
Dopo essere scampato alle fiamme, il libro di Roth si nasconde per cento anni sotto la copertina di altri libri, anche lui patisce l’esilio come il suo autore, viene rubato, ricompare, attraversa l’Oceano Atlantico,  finisce a New York, poi ritorna. 
Mentre scrivevo il romanzo – spiega Hamiliton – ho sentito che la sua storia sembrava coincidere con la follia che si impadroniva dell’Europa” (Ida Bozzi, Autobiografia di un romanzo, La lettura, 10 aprile 2022).
PM